Tuesday, June 29, 2010

I media digitali e la formazione dei formatori

Ieri giornata di formazione ad Arese, con gli operatori e i responsabili dei CFP Salesiani della Lombardia. Insieme al piacere di tornare tra amici (don Ettore, don Ivano, don Roberto) in una casa storica della presenza educativa dei Salesiani, c'era l'interesse di prendere parte a un interessante progetto di formazione "di rete" che i CFP salesiani hanno avuto il merito di allestire.
Il tema della giornata era il rapporto che lega i media digitali con i comportamenti e gli apprendimenti degli adolescenti. Svolgimento secondo copione, con una mattinata dedicata a due percorsi di approfondimento (uno sullo scenario tecnologico attuale, l'altro sugli aspetti educativi e didattici) e il pomeriggio finalizzato all'attivazione, nei gruppi di lavoro, di un'attività di progettazione capace di dare continuità nei singoli CFP all'intervento sul tema.
Il risultato del lavoro di gruppo mi pare esemplare nell'individuare temi, metodo e punti di attenzione che la formazione non può non considerare quando ragiona di nuovi media in relazione al vissuto dei ragazzi. Ne sintetizzo di seguito le linee principali.

1. Temi
Quattro sono i temi-chiave attorno ai quali l'impiego dei media digitali si può dimostrare utile, due più di interesse educativo, gli altri due maggiormente riguardanti la didattica.
Sul versante educativo:
a) sicuramente richiede attenzione e progettazione educativa il tema della trasgressione, ovvero di tutti quei comportamenti di cattivo uso della cittadinanza digitale che prendono corpo nel cyberbullismo, nelle diverse forme di reato informatico, negli usi impropri (inappropriati) della tecnologia;
b) insieme a questo vi è l'altro grande tema dei criteri per l'accesso e la valutazione consapevole alle (e delle) informazioni. Un tema di grande rilievo che appartiene all'alveo della Information Literacy e che costituisce una competenza irrinunciabile per un soggetto che oggi esca dalla formazione verso il mondo del lavoro.
Sul versante didattico, invece, abbiamo:
c) il problema degli apprendimenti. E' un tema di grande impatto in un CFP, la cui utenza condivide spesso carriere scolastiche non esemplari, oltre a provenire da contesti segnati da svantaggio sociale e culturale. Media digitali e tecnologie possono servire a innescare la motivazione, a moltiplicare i punti di accesso alla conoscenza, a facilitare la "tenuta" dell'attenzione;
d) infine, la condivisione dei contenuti didattici, ovvero la possibilità di avvalersi di sistemi di gestione dei contenuti (LCMS) attraverso i quali mettere a disposizione degli alunni materiali didattici e di supporto agli apprendimenti.

2. Metodo
Quattro anche le indicazioni di metodo emerse:
a) applicare il principio della trasversalità. I media non costituiscono un curricolo disciplinare: tutti i formatori/insegnanti e ciascuna disciplina hanno qualcosa da dare come contributo al riguardo;
b) la sensibilizzazione (dei genitori, dei formatori). Risponde al primo criterio cui rifarsi quando si intende ragionare su temi innovativi in contesto formativo, ovvero la visibilità. Senza visibilità è difficile ottenere l'appropriazione e pensare di spostare le pratiche sulla base di essa;
c) i tempi. Il modello "corso di formazione" non funziona più; occorre collocarsi nel solco di una progettualità di medio termine in una logica di coaching e monitoraggio;
d) ricerca. Senza ricerca la formazione difficilmente ottiene risultati duraturi. Nel caso dei media digitali la ricerca può proficuamente riguardare il monitoraggio dei consumi dei ragazzi.

3. Punti di attenzione
Tre principali questioni. In sintesi:
a) piattaforma elearning 1.0 o piattaforma 2.0 (come Edmodo o Twiducate)? Avere i propri contenuti su un server lontano può destare paure, ma sono certo più sicuri lì che sul mio hard-disk o sulla mia pen-drive. E poi le piattaforme 1.0 prevedono identificazione e sono "separate" dal social network in cui invece i ragazzi normalmente si trovano;
b) l'Information Literacy. E' un tema di grande interesse, evidenziato anche dalla Commissione Europea in una Raccomandazione del 16 agosto 2009. La competenza di cui si parla fa parte del quadro europeo delle competenze-chiave di cittadinanza;
c) il rapporto tra media digitali e tempo libero. Il cellulare distrae i ragazzi dal cortile, dalla socializzazione? O è proprio perché non sanno come stare in cortile che "trafficano" sul cellulare? La tecnologia è una cartina al tornasole: occorre imparare risalire dietro di essa per intercettare quello che essa manifesta, senza correre il rischio di scambiarla per il disagio che invece evidenzia.

Sunday, June 20, 2010

Scuola del futuro?

Con un pomeriggio di convegno si conclude domani il progetto "Classe del futuro". Si tratta di un progetto di ricerca-intervento che il CREMIT, il mio centro di ricerca, ha seguito in collaborazione con la rete di scuole che fa capo all'I.C. di Fontanellato, in Provincia di Parma. Un progetto di integrazione delle tecnologie didattiche in scuola che ha approfittato di una singolare convergenza: la presenza sul territorio (grazie al consorzio dei comuni delle "Terre Verdiane") di un programma di innovazione della didattica attraverso la tecnologia che già aveva coinvolto la rete negli anni precedenti e il fatto che la stessa rete sia risultata vincitrice del bando "Innovascuola" promosso dalla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il progetto in tutte le sue fasi è descritto in un volume (completo di DVD) che inaugura la nuova collana dei "Quaderni del CREMIT" e il cui titolo, Scuola del futuro?, volutamente problematizza la facile relazione che potrebbe venire spontaneo istituire tra tecnologia e innovazione.
Quali le evidenze? Quali i principali risultati di un anno di lavoro con gli insegnanti delle scuole?
Proviamo a sintetizzarli in tre indicazioni.

1. Mind the gaps! - Si tratta di un primo dato da tenere molto ben presente quando si pone la questione del rapporto tra la scuola e le tecnologie digitali. Tenere presenti le differenze, lo scarto, è di fondamentale importanza. Ma scarto tra cosa? Direi:
- tra ricerca e pratiche (spesso la ricerca disegna paesaggi futuribili che la concretezza e le inerzie delle pratiche non consentono di adeguare con facilità);
- tra competenze degli insegnanti e dei cosiddetti "nativi digitali" (anche se, probabilmente, sul piano dei comportamenti di consumo nel tempo libero le somiglianze sono più di quanto si possa pensare);
- tra il "dentro" e il "fuori" rispetto all'organizzazione-scuola (il fuori dell'informale sociale, il dentro della didattica in classe).

2. Considerare la complessità! - Operativamente, il dirigente o l'insegnante che intenda collocarsi dal punto di vista dell'innovazione servendosi delle tecnologie didattiche come di un volano della stessa deve guadagnare il punto di vista della complessità. Questo comporta di:
- guardare all'intero dell'organizzazione (introdurre tecnologia non significa solo collocarla materialmente nelle classi);
- operare per la sua riduzione (come avviene nel caso dell'Information Literacy, ovvero della ricerca e selezione delle informazioni in quanto sapere di base che la scuola del futuro deve mettere nel mirino);
- ragionare in termini inclusivi e non esclusivi (le tecnologie "nuove" non si insediano a discapito di quelle "vecchie"; è scorretto porre in alternativa libro e media digitali).

3. Frequentare i confini! - L'ultima indicazione è un invito ad abbandonare i punti di vista puri. Più precisamente:
- la contaminazione dei saperi (tipica della fase attuale dello sviluppo delle scienze) genera oggetti ibridi che sfuggono alla comprensione di approcci epistemologicamente puri;
- punti di vista differenti apromo prospettive inattese, fertilizzano lo spazio della ricerca;
- il confine è ciò che sta in mezzo: la questione non è né l'insegnante né il soggetto che apprende, ma le affordances, ovvero quel che sta in mezzo tra la tecnologia e i soggetti che se ne servono.