Tuesday, January 10, 2017

La Scuola è social

Sono iscritto a molti gruppi e pagine di Facebook aperti e gestiti da insegnanti. Io stesso gestisco la pagina del mio centro di ricerca, il CREMIT, e il mio stesso profilo personale come uno spazio e un’opportunità per dialogare con gli insegnanti sui temi che riguardano la didattica, i bambini, la vita della scuola. Spesso ho modo di imbattermi, in questi luoghi, in riflessioni molto interessanti; spesso, invece, mi chiedo se tutto questo non sia solo una perdita di tempo. Ho provato a organizzare la mia riflessione al riguardo.

Molto rumore per nulla

La prima sensazione, che si può estendere al di là del social network degli insegnanti e che vale per il mondo di Facebook in generale, è che in fondo si tratti solo di rumore. Rumore che si aggiunge al resto del rumore che ci circonda e ci abita. Perché quando le informazioni non sono più distillate, quando vengono prodotte in eccesso, smettono di avere valore di informazione. Questo rumore è prodotto da alcuni “tipi” da social. Ci sono i postatori seriali, quelli che non possono iniziare la giornata senza pubblicare qualcosa, non importa se abbiano veramente qualcosa da dire quel giorno. Ad essi rispondono i commentatori seriali, quelli che qualsiasi cosa tu pubblichi sentono il bisogno irrefrenabile di dire la loro, anche qui non importa se in modo pertinente, sensato, funzionale a spingere in profondità la riflessione. E poi ci sono i taggatori seriali, quelli che ti mettono a parte (e spesso lo fanno invadendo senza permesso la bacheca del tuo profilo) delle loro conquiste, dei riconoscimenti ricevuti, delle piccole cose di tutti i giorni. Non si capisce in questo gioco se la funzione sia realmente l’aggiornamento, proprio e dei colleghi, o se la partita non si riduca in fondo al posizionamento, alla gratificazione dell’io, alla soddisfazione del narcisismo. Spesso per questi gruppi e per queste pagine ho sentito usare il termine “comunità di pratica”. Ma una comunità di pratica professionale, per esistere, ha bisogno che l’obiettivo sia lo sviluppo professionale di chi vi appartiene e che questo obiettivo venga perseguito con metodo. Il rumore, in una comunità di pratica, viene limitato al massimo dalla convergenza di intenti degli stessi membri.

Lo splendore dell’Ego

Negli ultimi mesi, nelle ultime settimane, ho spesso assistito in questi gruppi e in queste pagine a derive comunicative. Una deriva comunicativa è un fenomeno conosciuto da chi studia le dinamiche di rete. Io posto qualcosa, qualcuno mi legge e fraintende, oppure legge in modo personale, risponde in modo non coerente e aggressivo, io reagisco, lui replica, altri prendono le parti chi mie chi dell’altro, i toni diventano sempre più accesi, si finisce in rissa verbale. C’è molta rissosità nei social degli insegnanti. E spesso questa rissosità – che è il contrario di una comunicazione costruttiva – viene scatenata da un altro “tipo” da social, il guru. Il guru è un insegnante che grazie ai social ha avuto la possibilità di farsi conoscere, ha iniziato a ottenere riconoscimenti, ha visto modificarsi il suo status, si è convinto di essere capace, significativo, influente. Il guru pensa che qualsiasi cosa lui dica non possa che ottenere approvazione e consenso. E la struttura del social gli da conferme, perché di solito tra i tuoi “amici” ci sono coloro che tutto sommato la pensano come te. Mondo in fondo conformista, il social è molto pericoloso per chi cerca conferme: il rischio è che funzioni come uno specchio deformante in cui ci si veda molto più grandi di quel che di fatto si è. Il risultato di questo processo è la lievitazione dell’io: l’io si gonfia, diviene ipertrofico, considera nemico chiunque non lo approvi. Il guru accetta solo una comunicazione top-down dove lui dice e gli altri approvano. Non accetta il guru che siano gli altri a dire, ad avere idee diverse, soprattutto non tollera l’esistenza di altri guru. Spesso vedo questo dentro quelle che dovrebbero essere comunità di pratica professionali: vedo un pollaio con tanti galli, molto rissosi, che sputano sentenze, procedono a giudizi sommari, scatenano una comunicazione molte volte irrispettosa, volgare, violenta.

Scovare i talenti

La tentazione è spesso quella di uscire. È una tentazione che vale per il mondo dei social in generale, ma che per me che mi occupo di insegnamento e di scuola, vale soprattutto per i luoghi popolati dagli insegnanti. Ma è una tentazione passeggera. Perché al netto del rumore e dei guru, nei social io incontro la scuola. Incontro la scuola dei moltissimi insegnanti che in silenzio, con basso profilo, senza farsi conoscere o cercare riconoscimenti, fanno cose meravigliose nelle loro classi. Sono insegnanti che attraverso un post, una fotografia, un commento, ti lasciano intuire la bellezza che devono saper liberare con e per i loro bambini. Anche qui ho censito due “tipi”. Ci sono i geni anonimi della didattica. Ne ho incontrati e ne incontro. Sono insegnanti che grazie ai loro post e alle loro condivisioni ti lasciano a bocca aperta per la creatività di quello che fanno e che sembra il risultato di una saggezza naturale; questi insegnanti si fanno trasportare dal vento dei temi viventi (come diceva Freinet), lasciano che a ispirarli sia l’attualità, la vita, quello che per i bambini fa problema qui e ora.  Sono anonimi questi insegnanti. La loro personalità è all’opposto di quella dei guru: pensano di essere normali, di non valere poi molto, di fare semplicemente il loro mestiere. I guru fai fatica a farli tacere, i geni anonimi fai fatica a farli parlare. L’altra categoria è quella dei commentatori riflessivi. Non ti regalano “likes” per il gusto di farlo, per piaggeria, per sentirsi parte del gruppo; i commentatori riflessivi aggiungono, completano, spingono in profondità la tua riflessione. Sia che concordino sia che dissentano, magari anche solo parzialmente, pensano a costruire e non a distruggere. Hanno capito questi insegnanti il senso dei social e delle comunità di pratica professionale: si costruisce insieme.

Ecco, io credo di aver trovato in questi insegnanti, in queste persone splendide, le motivazioni per non uscire dai social. Da loro imparo tantissimo, loro mi aiutano a fare chiarezza su quello su cui sto lavorando, loro alimentano la mia speranza nel futuro della scuola. Non solo. Mi piace scoprire il loro talento e valorizzarlo, per quel che posso. Vuol dire aiutarli a riflettere sulle loro pratiche e convicerli a comunicarle. Un articolo, un libro, uno strumento da mettere in rete, la disponibilità a fare ricerca insieme, la formazione. Attività che non sono alternative alla classe: sarebbe un delitto togliere questi insegnanti dalla classe, anche perché morirebbero come pesci fuori dall’acqua. Attività, invece, che consentano alla classe, alla loro classe, di estendersi, di aprirsi, per diventare lievito di un processo di contagio positivo.

Mi piace fare scouting, ecco, lo confesso. La scuola italiana, proprio come i campetti di periferia, è piena di fuoriclasse in attesa che qualcuno si accorga di loro.

9 comments:

nick said...

Caro Piercesare, leggo il tuo intervento dopo una delle mie sempre più rare "incursioni" su Fb. Come al solito trovo le tue parole "illuminanti" e chiarificatrici,nella.misura in cui donano una cornice di senso ai pensieri che hanno attraversato la.mia testolina di umile artigiano (cit. del ns amico Stefano). Mi sento saturo di commenti e di "esibizioni" dell'altrui ego, mi mancano però gli scambi alti e le parole sincere di moltissimi amici.
Un caro saluto
Nicola

claudia said...

Caro Nick, gli scambi alti e le parole sincere (e piene, aggiungo) mancano molto anche a me. Caro Pier Cesare come sempre hai colto un momento che potrei dire di diffuso malessere 'social'. Le occasioni di confronto di persona, sfidanti e arricchenti, ci hanno fatto crescere come professionisti. E se ne sente la mancanza. Nessun social le può sostituire. Un caro saluto e un arrivederci a presto.
Claudia

ombremosse said...

Bel post.

Flavio Pessina said...

Egregio Professore, grazie per questa fenomenologia dei tipi umani nei social, ho provato e provo gli stessi dubbi sulla permanenza o uscita ogni volta che accedo a FB o IN e devo dire che per me è un vero lavoro faticoso leggere, riflettere, valutare, decidere se commentare o integrare. Ogni giorno però imparo e, se possibile, condivido qualche suggerimento o riflessione. Tutto questo richiede tempo ed energia, ma porta a cambiare, spero in meglio.
Se fosse possibile, mi piacerebbe che prima o poi provasse a rispondere a questa domanda:
Perché così poche interazioni in Linkedin rispetto a Facebook?

Filippo Ceretti said...
This comment has been removed by the author.
Filippo Ceretti said...

Coincidenze. Esattamente oggi, nel laboratorio di Tecnologie Didattiche (Unibz) ho proposto una navigazione guidata (con griglia di analisi) nelle "risorse" offerte dai gruppi FB sulla didattica "vissuta". Sono convinto che - al netto delle dinamiche comunicative indicate nel post - la frequentazione dei gruppi di insegnanti sia un'esperienza ineludibile. Meglio affrontarla già all'università, in modo da gungere preparati e consapevoli nel mondo del lavoro scolastico.

DELFINO said...

In effetti i social e facebook in primis destano enorme preoccupazione su dove andrà la scuola; i guru che la fanno da padroni portano a considerare il domani dell'insegnamento in relazione alle novità del momento. I bulli del web si esibiscono con tanto di immagini pavoneggiandosi e mostrando (agli accorti) la povertà pedagogica che sta nei loro artefatti. E purtroppo moltiinsegnanti anonimi, modesti, vengono spesso scombussolati e perdo la giusta rotta:la loro bussola impazzisce.
Pensiero computazionale.... mi viene il voltastomaco solo a scriverlo proprio per la violenza estrema con cui vuole annientare il pensiero pedagogico; oggi però è la moda, anzi la "verità assoluta" manifestata anche dalla ex ministra e amplificata dal web.
Ebbe bene a dire Luciano Galliani poco tempo fa nel congresso SIPED che la pedogogia deve riprendersi il posto che le compete e le affermazioni e riflessioni di Piercesare Rivoltella, io penso, conducono in tal senso.
Grazie per l'attenzione e soprattutto per avermi concesso l'opportunità di analizzare, riflettere ed esprimere le mie convinzioni (che non mi riesce di fare nel web).
Gino Buizza

Fr@ said...

Ho congelato il mio profilo personale Fb ormai da quasi un anno. Continuo a gestire due gruppi chiusi. Uno dedicato al mio impegno di formatrice su campo. Gruppo molto prezioso che intercetta molto di quei dicenti citati e che ho la fortuna di incontrare durante i miei brevi interventi nelle scuole lombarde. Questo gruppo mi consente di mantenere un contatto, di condividere di scambiarci idee e unitá di lavoro in un cluma posotivo e riflessivo.
L'alyro è un gruppo"narrativo"che condivide le mie gioie i miei dolori le mie riflessioni. Anche questo è un gruppi di autoriflessione e condivisione in fondo e mi aiura molto. Qualcuno pitebbe obiettare che ho scelto la strada più gacile. Tutti della stessa idea...quindi nessun scontro.. io penso che sia arrivato il momento di risvoprire l'ascolto reciproco. E chi non è in gradi di farlo...semplucementw ha altre strade e scelte da piter fare social o non social.Socrate eta il più social che io abbia mai "incontrato" , secondo il mio punto di vista.😊

Monica Arrighi said...

Come non si può non condividere le sue osservazioni. Il "rumore" di cui parla è uno dei motivi che mi tiene lontana da Fb. Non so per quanto potrò resistere ancora ma, il mio "spazio privato" vorrei tenerlo per me il più a lungo possibile! Grazie per le sue "pillole" di saggezza che mi aiutano sempre a riflettere su cosa voglia dire essere "virtuosi" nell'uso delle nuove tecnologie.
Buona domenica professore.
Monica